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martedì 22 maggio 2012

Articoli: Cercando un paese per vecchi


Giovedì, 10 maggio 2012 13:10

Un euro al mese per il gas, la benzina a meno di 40 centesimi al litro: in Ecuador è possibile, come è possibile nuotare insieme alle tartarughe delle Galapagos. L’emigrazione della terza età avanza. Giapponesi, tedeschi e inglesi lo fanno già da tempo (siete stati al cinema a vedere Marigold Hotel?). Ora tocca agli italiani andare alla ricerca di un buen retiro per gli anni della pensione. E i paradisi tropicali varano incentivi per attirarli. Dal Sud America al Nord Africa, passando per l’Asia, molti ne hanno già approfittato. E sta andando benone
di Giulia Vola
Nemmeno l’età è più quella di una volta. Duemila e passa anni dopo l’indovinello della Sfinge, la terza non è più l’ultima. I novantenni di oggi sono tanti quanti i sessantenni di un secolo fa e una nuova fascia d’età – dai 60 agli 80 – è fiorita tra adulti ed anziani. E se il Fondo monetario internazionale lancia l’allarme longevità, i vecchietti del nuovo millennio si attrezzano per vivere la quarta età fuoriporta. Passaporto e voglia di ricominciare in tasca, volano verso lidi tropicali a portata di pensione. Che l’Italia non sia un Paese per vecchi i 16 milioni e 700mila pensionati lo sanno bene: la media dell’assegno è 15mila euro l’anno, ma più della metà si barcamena con meno di mille al mese.
Ora però si scopre che con quella cifra si vive più che bene in un mucchio di posti, oltreconfine. Giapponesi, inglesi e tedeschi lo fanno già da anni, adesso  tocca alla megalopoli degli arzilli: 11 milioni di over 65 italiani che hanno salute da vendere. La necessità di un buen retiro – dal Centro al Sud America dall’Asia al Nord Africa – è diventata una virtù: si spende meno, si vive meglio, si mettono da parte dei soldi. Regalarsi una seconda vita non ha prezzo.
«Anche perché in Italia, entro il 2030, i bisnonni ottantenni saranno sei milioni e i pronipoti under 10 appena cinque e mezzo», dice il demografoGian Carlo Blangiardo. Non a caso il 2012 è stato proclamato Anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni. «Se dobbiamo vivere così a lungo», spiega Blangiardo, «tanto vale attrezzarsi per farlo al meglio, attivi e autosufficienti». Dopo i primi e ormai consolidati esperimenti alle Canarie e alle Baleari, in Kenya da Malindi a Watamu, nelle isole di Capo Verde, nell’indonesiana Bali, nell’Egitto di Sharm el-Sheik e in Tunisia (di qui qualcuno, pentito, è tornato a casa) gli italiani hanno squadernato l’atlante e scoperto l’oltreoceano. E se i pensionati inglesi del film Marigold Hotel scelgono di invecchiare in albergo, noi in generale preferiamo il mattone intestato. O per lo meno affittato.
Alberto Scansi e signora, settantenni torinesi che da dieci vivono in Ecuador, confermano: «Quando siamo andati in pensione ci sentivamo ancora lucidi e forti», raccontano dall’appartamento di Cotacachi, a nord di Quito e a un quarto d’ora dal mercato di Otavalo, il più spettacolare del pianeta. «È stato triste constatare che la nostra società è organizzata per un mondo dove si moriva molto prima». Pensioni magre, figli da aiutare, giornate mortificanti. «L’amore a prima vista per l’Ecuador, dove le quattro stagioni si danno il cambio in ventiquattr’ore, è stato incoraggiato dal bilancio familiare». Tre mesi dopo hanno messo in affitto l’appartamento sotto la Mole. Ora vivono a Cotacachi con 500 euro al mese, compreso l’affitto per oltre 100 metri quadri di casa. Non si negano nulla: «Siamo sulla cintura del mondo: puoi nuotare tra le tartarughe delle Galapagos, respirare l’atmosfera dell’Amazzonia e passeggiare sulle Ande». Per il gas basta un euro al mese, poco di più per l’acqua, appena 25 per l’elettricità; la benzina costa meno di 40 centesimi al litro. «La città è pulita, la gente gentile, mettiamo perfino da parte dei soldi. Il prossimo obiettivo è comprare una casa: con meno di 40mila euro ci aggiudichiamo un attico con terrazzo e vista sulle montagne».
Affacciati sull’altro oceano, Eva e Francesco Molina – veneziani trasferiti in Brasile – una casa se la sono già comprata: 30mila euro, cento metri quadri e Porto Seguro ha rimpiazzato la laguna. «Per il visto permanente bisogna provare una pensione di almeno 2mila dollari al mese».  
Di incentivi all’immigrazione dorata o – a seconda dei punti di vista – all’emigrazione della terza età, sono esperti i paradisi tropicali. Panama prima tra tutti. Bastano la fedina penale pulita e una pensione di almeno 500 dollari al mese e lo status di pensionato panamense dà diritto a sconti su un po’ tutto: intrattenimento, trasporti, visite mediche, ristoranti, hotel, bollette del telefono e dell’acqua. Le tasse sulla proprietà non si pagano per i primi 20 anni.
Marina e Piero Ogliani hanno lasciato le montagne di Sondrio per quelle di Santa Fe de Veraguas, 200 chilometri a ovest di Panama City. «Dalla finestra di casa (300 euro al mese) vediamo il parco nazionale, lussureggianti colline di foresta pluviale. Facciamo la spesa al mercato: poco più di tre euro per carne, frutta e verdura» racconta Pierodall’Internet café dove, con 40 centesimi, naviga un’ora. Nemmeno loro si fanno mancare nulla, anche loro riescono a risparmiare. Chiavi in mano, 600 euro al mese.
Nel vicino Costa Rica gli italiani ci vanno da anni. Basta una pensione da 600 euro versata su un conto aperto in loco e il gioco è fatto: «Viviamo con 1.500 dollari al mese», raccontano i signori Genovese, livornesi, da 11 anni residenti a San José, la capitale, con un visto da pensionati. «Altrove, in Sud America, basta meno», chiosa lei, «ma dopo una vita di fatica, cercavamo pace e, perché no, un po’ di lusso». Figli non ce ne sono, così c’è spazio per gli extra: «Giochiamo a golf tre volte la settimana, viviamo in una villa da 400 metri quadrati con giardino e vista magnifica che è costata meno di 200mila euro».
Un altro evergreen è il Sud Est asiatico. Dalle Filippine alla Malesia con la Thailandia sul gradino più alto del podio. Tanto più dopo lo tsunami e il clima politico pesante che hanno raffreddato i prezzi degli immobili. «Sono almeno 100mila i pensionati trasferiti in quest’area», ipotizzaAndrew Ness, direttore esecutivo di Cbre Research Asia a Hong Kong, divisione dell’agenzia immobiliare CB Richard Ellis. Pensare che, almeno in Thailandia, intestarsi una casa è quasi impossibile, e che per ottenere un visto (annuale) bisogna depositare 16mila euro in una banca locale. Chiaro che la prospettiva di cenare con meno di dieci euro e contare su un’assistenza sanitaria di ottimo livello a prezzi contenuti può valere l’investimento.
Nelle Filippine sono andati diritti al sodo. Per essere considerati pensionati non è necessario esserlo, bastano più di 35 anni e un deposito di 50mila dollari; superati i 50, ne bastano 20mila. Se invece la pensione c’è (da 800 dollari in su), la somma cala a 10mila. «Vivo a Cebu da quattro anni», racconta Vittorio Sanna, 63enne vicentino, ex manager. «Cento euro al mese d’affitto, 150 per le spese: una vita che non ha prezzo». Anche la Malesia ha lanciato l’amo e con My second home tenta i (ricchi) pensionati. Requisiti: reddito di 2.500 euro circa o deposito di 37mila. Pare che la vita sia un sogno. Parola di Banana Niwa, giapponese di nascita e americana di passaporto, con un marito italiano e una vita trascorsa a girare il mondo: «Ci siamo trasferiti a George Town sette anni fa. È un paradiso che costa un terzo degli Stati Uniti: 200 metri quadri di casa con aria condizionata, garage, palestra e piscina a meno di mille dollari al mese». Fanno un controllo medico l’anno: «Costa 12 dollari, l’assistenza è ottima e i medici parlano tutti inglese».
L’eden, insomma, sembra a portata di mano: l’unico ostacolo si può nascondere nelle ragioni del cuore. Anche sicurezza e sanità sembrano ormai garantite, grazie a comunità sempre più ricche e assicurazioni private sempre più a portata di tasca. Parola di Enrica Colasco, moglie diFrancesco, ex commercianti liguri trasferiti in Nuova Zelanda. Una casetta a Bay of Island, arcipelago a nord di Auckland, gli è costata 150mila euro. La loro barchetta è ormeggiata in fondo al giardino. Le giornate trascorrono tra la pesca, i delfini, i pinguini e le seppie giganti. «Qui si sta benissimo ma», consiglia Enrica, «Bisogna riflettere bene prima di fare un passo del genere. Abbiamo piedi per spostarci, è vero, ma abbiamo anche amici e parenti. Può capitare di sentirsi sradicati. Le occasioni diventano opportunità solo se sei pronto a godertele».
IN TUNISIA QUALCOSA E' CAMBIATO
Il peggio è passato, ma la Rivoluzione dei gelsomini, le bande che saccheggiavano sono un ricordo vivo per molti italiani over 65 emigrati in Tunisia. Piero Lotto, 70enne bergamasco approdato a Tunisi dopo la pensione, è uno di loro: «So che i carri armati presidiano ancora avenue Bourghiba», racconta. «Non riesco a dimenticare la tensione che ho respirato nelle strade. Capitava a Tunisi ma anche a Ezzahra, cittadina di 30mila abitanti piena di italiani. «Un’oasi di pace sul golfo di Tunisi», racconta Marina Busco, piemontese emigrata una decina di anni fa. «Un giorno è scoppiata la guerriglia e le strade sono diventate barricate piene d’odio». Oggi va meglio, ma la vita non è più la stessa. Nemmeno a Sidi Bou Said, il villaggio degli artisti a due passi dalla capitale: «C’è crisi e disoccupazione, la pace è tornata ma manca la fiducia», lamentaFranco Diversi. Rimanere qui, vivendo con la pensione italiana è un atto d’amore e d’egoismo».
Da: Gioia

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